Di chi è la mia vita?
Andrea Murru | 14 Novembre 2008La recente sentenza della Corte di Cassazione sul caso di Eluana Englaro, mi ha davvero sorpreso: forse per un eccesso di rassegnato pessimismo non credevo che un simile pur minimo rigurgito di laicismo di Stato potesse davvero aver luogo in Italia.
Questa vicenda fornisce in effetti molti spunti di riflessione interessanti. Senz’altro la sfrontata protervia con la quale la chiesa cattolica ha reagito alla sentenza (addirittura prima della sentenza stessa per bocca del cardinale Barragan), con toni inusitati che sfiorano la rilevanza penale e che comunque sono davvero inaccettabili sul piano delle semplici relazioni diplomatiche tra Stati sovrani, specie se paragonata al rispettoso silenzio col quale (non) vengono commentate le migliaia di esecuzioni capitali cinesi.
Ed è anche impossibile non notare che i ministri e gli esponenti tutti del governo, anzichè insorgere per ingerenze arroganti ed ingiustificate, attaccano anche loro la magistratura.
Il tema però più interessante (dal punto di vista filosofico) è un’altro: In quanto individuo ho la disponibilità completa della mia vita o no ? E’ evidente che il solo fatto che ci sia stato bisogno di una sentenza indica che la risposta alla domanda precedente è (in questo momento) un secco no.
In caso contrario altrimenti è evidente che non solo l’eutanasia, ma anche il suicidio assistito, dovrebbero essere assolutamente legalmente autorizzati con limiti relativi al solo accertamento della volontà del legittimo ‘proprietario’ del bene (la sua stessa vita).
Ma allora di chi è la mia vita ? Purtroppo temo che (anche per lo Stato) la migliore risposta possibile sia: “La tua vita è (un dono) di Dio. Ed è la Chiesa che stabilisce cosa ne pensa a riguardo“.
Saro’ un tipo particolare, ma non la ritengo una risposta rassicurante. Io personalmente, almeno per quanto riguarda la mia vita, mi fido più di me che di chiunque altro e trovo più rassicurante poter decidere di morire che essere costretto a “vivere” dal mons. Bagnasco.
Anche io sono rimasto favorevolmente sorpreso al di là del merito. Detto dell’insopportabile fastidio verso chi umano fra gli umani pretende di decidere per gli altri come per se, mettendomi nei panni del padre, dopo questa battaglia, mi sentirei addosso una responsabilità enorme e probabilmente non avrei il coraggio di andare sino in fondo.
Sì, è verissimo che in questi casi estremi e drammatici, anche se si hanno convincimenti profondi, è facile che non si abbia il coraggio di prendere una decisione. Questo lo so per esperienza personale anch’io.
Ovviamente però non è motivo sufficiente per scippare forte manu, il diritto di prendere una decisione sulla propria vita.
Oggi Benedetto XVI si e’ superato nel commentare la sentenza Englaro (ovviamente senza citarla esplicitamente): “La vita e la salute sono doni di Dio che ce li concede in prestito”. A parte ogni considerazione sul merito, è una frase contraddittoria…. Se è un dono, come può essere in prestito!? E sua Santità non si vergogna di commettere errori tanto gravi ed evidenti ? No, lo conforta il più completo disprezzo per la ragione, condito con la più assoluta supponenza che si manifesta nel dichiarare ex cattedra che la fede non è in contraddizione con la ragione.
Sfortunatamente anche le parole meno sensate si possono pronunciare (o addirittura scrivere) senza che il mezzo nel quale di si diffondono lo impedisca in nessun modo.